Dagli incentivi previsti dal Governo per la riqualificazione degli immobili secondo standard di efficientamento energetico e maggiore sostenibilità, sono esclusi quelli che risultano “illegittimi”, che siano totalmente o in parte non conformi ai progetti approvati. “Ragionare sul nostro patrimonio edilizio, sulle sue caratteristiche e sulla sua legittimità è il vero tema per affrontare e risolvere la complessità burocratica della trasformazione e riqualificazione urbana”, afferma la presidente dell’Ordine degli architetti di Cagliari e del sud Sardegna, Teresa De Montis. L’ultimo studio del Cresme, il Centro ricerche economiche sociali e di mercato per l’edilizia fotografa a giugno 2020 una situazione molto preoccupante per quanto riguarda lo stato di tali immobili.

Dal 2012 al 2017 sarebbero sorte in Italia 113.400 case abusive, un numero pari al 16,7 per cento di tutte le nuove costruzioni, contro il 10,1 per cento del periodo 2002-2011. In Sardegna, secondo gli ultimi dati disponibili elaborati dall’Agenzia del territorio al 31 dicembre 2011, le unità immobiliari abusive erano 46.877, posizionandosi al sesto posto in Italia per numero di casi (2.799) su 100.000 residenti (prima la Calabria con 4.587). Il dato, già di per sé preoccupante, offre un ulteriore spunto di riflessione se lo si rapporta ai tentativi di porre argine a questa tendenza attraverso i numerosi condoni degli ultimi decenni, dimostrando che tale strumento non può essere la soluzione all’abusivismo.

Infatti, sempre secondo lo studio Cresme, dopo i condoni edilizi, la percentuale di abusivismo ogni anno in Italia oscilla tra il 10 e il 15 per cento, aumentando ad un ritmo di 22.660 nuove costruzioni abusive all’anno, circa 60 al giorno. “È necessario – prosegue De Montis – analizzare con attenzione questi dati. Innanzitutto un sistema che prevede costantemente una deroga delegittima nei fatti la regola. Il nostro deve essere un cambio di passo prima di tutto culturale. E lo Stato che sta impegnando una quantità di denaro mai messa a disposizione per questo settore, deve pretendere qualità e controllo del territorio. Oltre a questo, il condono si è comunque dimostrato un’arma inefficace: quasi un terzo delle pratiche infatti non è giunto a perfezionamento. Sono 4.263.897 le pratiche che attendono ancora una definizione con un mancato introito per le casse dello Stato di circa 19 miliardi di euro”.

Secondo il Cresme, tra le strade da percorrere, c’è quella di puntare su un sistema più efficace di digitalizzazione. Lo studio infatti evidenzia che a rendere spesso difficoltoso l’accertamento dei dati anche per gli stessi uffici tecnici dei Comuni, è la situazione degli archivi: solo nel 4,42 per cento dei casi le pratiche sono totalmente digitalizzate a fronte di un 59,77 per cento di pratiche ancora totalmente in versione cartacea, mentre il restante 35,81 per cento è rappresentato da archivi misti.

“In realtà questo è solo un aspetto del problema. La digitalizzazione infatti offre, a costi molto elevati per la comunità, una panoramica sulle pratiche edilizie, non anche sul reale stato del costruito in Italia – spiega Teresa De Montis -. Non solo, in questo approccio del Governo agli incentivi per la riqualificazione, come architetti, vediamo la grande opportunità di ridisegnare l’insieme del costruito con una prospettiva di alta qualità architettonica e dunque migliori stili di vita, che non può che far bene al nostro Paese. Si dovrebbero fare delle scelte coraggiose dove in maniera inflessibile si demolisce tutto ciò che non è sanabile perché contro l’interesse pubblico, ma al tempo stesso si ammettono agli incentivi e si rendono legittime quelle difformità irrilevanti che certamente non contrastano con l’interesse pubblico.

Per farlo però è necessaria una mappatura reale di tutto il costruito nei nostri territori. “Oggi abbiamo tutti gli strumenti che ci permettono con una certa agilità di creare una fotografia attendibile. Partendo da questa schedatura degli immobili, si può e si devono avviare nuovi e innovativi processi edificatori che il Governo deve pretendere”. Dall’Ordine degli architetti giunge quindi un appello alla Regione Sardegna affinché si faccia promotrice nelle sedi istituzionali competenti di queste rinnovate esigenze del settore che si ripercuoteranno sulla qualità della vita dei cittadini.

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